Published on Rozes Ratio
On August 29, 2025
L’orientamento dell’amministrazione Trump verso le stablecoin riflette una precisa visione strategica: affermare l’egemonia del dollaro anche nello spazio digitale, evitando di dover affrontare il complesso di norme stringenti che dovrebbero accompagnare l’emissione di una valuta digitale pubblica – Central bank digital currency (CBDC). La contrarietà dell’amministrazione Trump alla CBDC non è solo tecnica, ma espressione di una più ampia battaglia ideologica a favore di un modello monetario decentralizzato privato. Con il GENIUS Act, Trump ha inaugurato l’American way dell’era cripto-finanziaria, favorendo l’emissione di stablecoin private ancorate al dollaro. La norma delinea un sistema in cui soggetti autorizzati – banche, cooperative e fintech – potranno emettere criptovalute stabili, a condizione che siano garantite da riserve in dollari o in titoli del Tesoro statunitense.
Questa apertura solleva importanti interrogativi. Diversi organismi internazionali hanno più volte segnalato i rischi crescenti connessi ai cripto-asset, in particolare alle stablecoin, sempre più utilizzate per transazioni illecite, riciclaggio, elusione fiscale e finanziamento del terrorismo. Anche in presenza di stablecoin regolamentate, l’interoperabilità con ecosistemi opachi della finanza decentralizzata continua a vanificare gran parte degli sforzi di tracciabilità Anti-Money Laundering (AML).
Questi strumenti rappresentano inoltre un canale sempre più sfruttato da attori come Russia, Iran e Corea del Nord per finanziare campagne ibride e aggirare le sanzioni internazionali. Una recente indagine dell’Economist ha messo in luce come Tether, una delle cripto-valute più scambiate al mondo, sia stata usata per ripulire denaro sporco attraverso un network criminale transnazionale che includeva anche hacker russi e membri dell’intelligence di Mosca. Mentre da dicembre 2024, secondo il Financial Times, oltre 9 miliardi di dollari sono stati movimentati attraverso la piattaforma kirghisa Grinex utilizzando il token A7A5, stablecoin creata da Ilan Shor, politico moldavo filorusso, sotto sanzioni UE e attualmente rifugiato in Russia. Il token, definito anche come uno stable-rouble, sarebbe coperto da fondi della Promsvyazbank, banca russa al servizio del complesso militare-industriale del Cremlino, anch’essa oggetto di sanzioni.
Sullo sfondo di un’Unione Europea intenta a rafforzare la tracciabilità end-to-end dei cripto-asset, la divergenza di approccio tra le due sponde dell’Atlantico appare sempre più marcata. L’Europa punta a integrare le criptovalute nel perimetro delle regole esistenti, mentre la nuova amministrazione Trump sembra voler costruire un sistema parallelo, in cui le stablecoin agiscano come strumento di soft power globale.
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