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Dazi, contrabbando e crimine organizzato: come le tariffe di Trump rischiano di favorire le grandi organizzazione criminali

Published on Rozes Ratio

On September 26, 2025

Le politiche tariffarie dell’amministrazione Trump stanno ridisegnando i flussi commerciali globali e, con essi, gli spazi di manovra della criminalità organizzata. Se gli effetti macroeconomici dei dazi sono stati ampiamente analizzati, meno attenzione è stata finora riservata al loro impatto sui meccanismi di contrasto ai reati finanziari. La riconfigurazione improvvisa delle catene di approvvigionamento, l’aumento dei costi e il mutamento delle priorità doganali rischiano infatti di lasciare scoperti interi segmenti normativi, aprendo nuove opportunità alla criminalità organizzata.

Una prima conseguenza è la possibile espansione dei traffici di contrabbando e contraffazione. A fronte di margini di profitto ridotti, una quota crescente del commercio tenderà a scivolare nell’illegalità, alimentando i canali gestiti dalle reti criminali. Secondo un’indagine giornalistica del The Straits Times, dall’entrata in vigore dei dazi, diverse aziende statunitensi hanno cominciato a ricevere offerte particolari da società di spedizioni, molte delle quali con sede in Cina. Queste propongono modalità “alternative” per arginare le tariffe, offrendo assistenza alle imprese per eludere i dazi. Come? Principalmente attraverso la manipolazione delle informazioni di spedizione, l’offerta di servizi di trasbordo e la triangolazione delle merci in paesi terzi soggetti a tariffe inferiori. Secondo dirigenti e funzionari governativi USA, questi schemi rischiano di costare al governo miliardi di dollari di mancati introiti doganali. L’amministrazione statunitense ha avviato uno sforzo per convincere altri paesi, tra cui Vietnam, Messico e Malesia, a rafforzare le attività di contrasto. Tuttavia, la portata delle attività illecite sembra aver ormai superato di gran lunga le capacità di enforcement.

In secondo luogo, la pressione economica spinge molte aziende a ricorrere a pratiche borderline come la sottofatturazione e la manipolazione dei codici doganali HS. Secondo diversi analisti e operatori del settore, questi comportamenti, diffusi e difficili da intercettare, non solo generano ingenti perdite fiscali, ma introducono un elevato livello di distorsione nei database commerciali, compromettendo l’efficacia degli strumenti di analisi per il profiling AML. Parallelamente, l’abolizione di alcune esenzioni, come le soglie de minimis, obbliga le autorità a gestire volumi di spedizioni molto più elevati. In assenza di risorse adeguate, questa pressione rischia di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato, mandando il sistema in sovraccarico.

L’enfasi dell’amministrazione Trump sulla lotta al fentanyl e all’immigrazione illegale – che ha portato a classificare diversi cartelli latinoamericani come organizzazioni terroristiche straniere – sta spingendo molti gruppi criminali a ridurre l’esposizione ad attività ad alto rischio, orientandosi invece verso alternative meno rischiose ma comunque redditizie, come il contrabbando. La riconfigurazione delle rotte globali amplifica queste dinamiche, offrendo nuove opportunità di cooperazione nel traffico illecito e nella distribuzione di merci contraffatte. Ogni shock nei flussi commerciali legittimi diventa così, per la criminalità organizzata, un’occasione per consolidare alleanze, diversificare le attività e rafforzare la propria resilienza.

In definitiva, i dazi introdotti dall’Amministrazione Trump, ridisegnando i flussi commerciali, mettono sotto pressione i presidi di sicurezza finanziaria costruiti negli ultimi vent’anni. Gli strumenti di contrasto al riciclaggio e al finanziamento di attività criminali potrebbero essere messi alla prova di fronte a volumi crescenti di traffici illeciti, mentre le dogane dovranno confrontarsi con la gestione di una mole di controlli sempre più voluminosa.

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